Cosa è la mielopatia cervicale?
La mielopatia cervicale non è semplicemente un dolore al collo. È un danno al midollo spinale causato dalla compressione nel tratto cervicale della colonna vertebrale. La causa più comune è la stenosi spinale cervicale, un restringimento del canale spinale che schiaccia il midollo. Questo non è un problema che si risolve da solo. Se non trattato, può portare a debolezza permanente, perdita di coordinazione, e in casi gravi, paralisi.
La forma più frequente è la mielopatia spondilotica cervicale (CSM), che rappresenta il 75% dei casi negli adulti sopra i 55 anni. Con l’età, i dischi intervertebrali perdono acqua, si appiattiscono e sporgono nel canale spinale. Le articolazioni delle vertebre si ingrossano per l’artrite, e il legamento giallo si ispessisce. Insieme, questi cambiamenti riducono lo spazio disponibile per il midollo. Un canale normale misura 17-18 mm; quando scende sotto i 13 mm, si parla di stenosi. Sotto i 10 mm, è severa.
Quali sono i sintomi che non puoi ignorare?
I sintomi della mielopatia cervicale non compaiono tutti insieme. Iniziano in modo sottile e peggiorano lentamente. Il primo segnale d’allarme per molti è la clumsiness delle mani: non riesci più a fare bottoni, aprire barattoli, o tenere una tazza senza farla cadere. Questo succede perché il midollo compresso danneggia i nervi che controllano i movimenti fini.
La difficoltà a camminare è un altro segno chiave. Ti senti instabile, come se il pavimento si muovesse sotto di te. Potresti inciampare più spesso, anche su superfici piane. Il 68% dei pazienti riporta instabilità del passo, e il 61% ha problemi di equilibrio. Questo non è semplice invecchiamento: è un segnale che il tuo sistema nervoso sta fallendo.
Altri sintomi includono: formicolio o intorpidimento nelle braccia e nelle mani, riflessi eccessivi alle ginocchia e alle caviglie (rilevabili dal medico), e dolore al collo o alle spalle (presente nel 50% dei casi). Nei casi avanzati, puoi sviluppare urgenza urinaria o, in fasi terminali, perdita di controllo della vescica o dell’intestino. Questi segnali non sono da sottovalutare: indicano che il midollo è sotto pressione da tempo.
Perché la diagnosi tardiva è un rischio enorme?
Uno dei problemi più gravi della mielopatia cervicale è che viene spesso diagnosticata troppo tardi. Il 41% dei pazienti visita tre o più medici prima di ottenere una risposta corretta. L’intervallo medio tra i primi sintomi e la diagnosi è di oltre 14 mesi. Durante quel tempo, il danno al midollo continua a peggiorare.
La ragione? I sintomi iniziali sono confusi con l’artrite, il mal di schiena, o semplicemente con l’età. Un’X-ray non basta: può mostrare sporgenze ossee o dischi schiacciati, ma non dice se il midollo è compresso. Solo l’RMN (risonanza magnetica) può rivelare la compressione e, soprattutto, i cambiamenti nel midollo stesso - come l’iperintensità su sequenze T2 - che indicano danno attivo. Senza questi segni, non puoi dire di avere una mielopatia, anche se la stenosi è visibile.
La scala JOA (Japanese Orthopaedic Association) è lo strumento standard per misurare la gravità. Va da 0 a 17: punteggi sotto 14 indicano chiaramente mielopatia. Ma non basta misurare: devi agire. Ogni mese di ritardo nella diagnosi riduce il potenziale di recupero del 3%. Se aspetti troppo, il danno diventa irreversibile.
La chirurgia è davvero necessaria?
Se hai sintomi moderati o gravi (punteggio JOA sotto 12), la chirurgia non è solo un’opzione: è la scelta migliore. I dati sono chiari: il 70-85% dei pazienti operati migliora neurologicamente. Nel gruppo non operato, il 63% peggiora entro due anni.
Non tutti i casi richiedono un intervento. I pazienti con mielopatia lieve (punteggio 12-14) e sintomi stabili possono provare terapia fisica e farmaci antinfiammatori. Ma solo il 28% migliora. Il resto peggiora. E non c’è modo di sapere chi rientrerà nel 28%. Per questo, molti medici consigliano l’intervento prima che i sintomi diventino gravi.
La chirurgia non è un’operazione da poco. Ma i risultati sono spesso trasformazionali. I pazienti che operano entro sei mesi dall’inizio dei sintomi hanno il 37% di recupero funzionale in più rispetto a quelli che aspettano oltre un anno. E la qualità della vita migliora: l’82% riferisce una maggiore abilità manuale dopo l’intervento.
Quali sono le opzioni chirurgiche?
Ci sono tre approcci principali, e la scelta dipende da dove e quanto è compresso il midollo, dalla curvatura della colonna, e dal numero di livelli coinvolti.
- Anteriore (ACDF o protesi): l’intervento si fa dal davanti del collo. Si rimuove il disco danneggiato e si fissa con una placca e una vite (fusione), o si sostituisce con un disco artificiale. È l’opzione migliore per un solo livello. La soddisfazione dei pazienti è del 90%, con miglioramento neurologico nel 85% dei casi. Ma c’è un rischio: il 5-7% sviluppa problemi ai dischi vicini entro 10 anni.
- Posteriore (laminectomia o laminoplastica): si lavora dalla parte posteriore. La laminectomia rimuove l’osso che schiaccia il midollo; la laminoplastica lo sposta da un lato come una porta. È preferita per più livelli (3 o più). La laminoplastica ha meno dolore post-operatorio (15% vs 32%) ma un recupero neurologico leggermente più lento (78% vs 85%).
- Combinato: usato nei casi complessi, con compressione da entrambi i lati. È più invasivo, ma a volte necessario.
La scelta non è una questione di “quale è meglio”. È “quale è giusto per te”. Un chirurgo esperto (che fa più di 50 interventi l’anno) ha il 32% in meno di complicanze. La tua postura cervicale conta: se la curvatura è troppo piatta (meno di 10°), l’approccio posteriore è spesso più sicuro.
Cosa succede dopo l’intervento?
Il ricovero dura 1-2 giorni per gli interventi anteriori, 2-3 per quelli posteriori. Ma il recupero completo richiede 3-6 mesi. Non puoi tornare subito a lavorare o guidare. La riabilitazione è fondamentale.
Il 85% dei pazienti fa fisioterapia formale per 8-12 settimane. Gli esercizi mirano a rafforzare i muscoli del collo, migliorare la postura e rieducare il cammino. Non è un’opzione: è parte del trattamento. Senza di essa, il rischio di recidiva o di complicanze aumenta.
Le complicanze esistono, ma sono gestibili. Il 4-6% dei pazienti ha problemi gravi: difficoltà a deglutire (dysphagia), paralisi temporanea del nervo C5, o peggioramento neurologico (1-2%). Dopo l’intervento, il 35% dei pazienti con fusione ha ancora dolore al collo a sei mesi. Il 22% ha difficoltà a deglutire nei primi tre mesi. Il 18% sviluppa un dolore cronico post-laminectomia. Ma questi numeri si riducono drasticamente con chirurghi esperti e pazienti ben preparati.
Cosa puoi fare prima dell’intervento?
Non aspettare di essere operato per agire. Ci sono passi che puoi fare ora per migliorare i risultati.
- Smetti di fumare: il fumo raddoppia il rischio di non guarigione dell’osso dopo la fusione. Smettere riduce il rischio del 50%.
- Controlla il diabete: se hai glicemia alta, il rischio di infezione post-operatoria è dell’8,5%. Con HbA1c sotto 7,0%, scende al 3,2%.
- Fai esercizio: anche se hai difficoltà a camminare, cammina un po’ ogni giorno. Mantieni la forza nei muscoli delle gambe e del tronco. La fisioterapia pre-operatoria migliora il recupero.
- Chiedi l’RMN entro 2-4 settimane: ogni giorno conta. Non aspettare che i sintomi peggiorino.
Quali sono le novità più promettenti?
La chirurgia della colonna cervicale sta cambiando. Nel marzo 2023, la FDA ha approvato la prima protesi cervicale per interventi su 2-3 livelli (M6-C). I risultati mostrano che l’81% dei pazienti mantiene il movimento naturale dopo 24 mesi, contro il 63% con la fusione.
Le tecniche mininvasive stanno riducendo il trauma. A Johns Hopkins, la laminoplastica con tubo (tubular laminoplasty) ha ridotto il sangue perso del 65% e il ricovero di 1,8 giorni. La chirurgia robotica, ancora in fase sperimentale, potrebbe ridurre le revisioni chirurgiche dal 10,2% al 6,5% entro il 2030.
Stanno anche studiando farmaci neuroprotettivi, come il riluzole, da somministrare insieme alla chirurgia. I primi dati mostrano un miglioramento del 12% nei punteggi JOA a sei mesi.
Tuttavia, un avvertimento: il numero di interventi è aumentato del 33% dal 2010 al 2020, ma senza migliorare i criteri di selezione. Il 15-20% di questi interventi potrebbero essere superflui. La chiave è scegliere bene: non tutti quelli con stenosi hanno mielopatia. E non tutti quelli con mielopatia devono essere operati subito. La scelta deve essere personalizzata.
Quando devi agire?
La mielopatia cervicale non è un problema da rimandare. È una condizione progressiva, e il danno al midollo è spesso permanente. Se hai difficoltà a usare le mani, cammini instabile, o hai perdita di sensibilità alle braccia, non aspettare. Vai da un neurologo o un chirurgo spinale. Chiedi un’RMN. Non ti accontentare di un’X-ray o di una diagnosi di “artrite”.
Se la diagnosi è confermata e i sintomi sono in progressione, l’intervento chirurgico entro sei mesi è la migliore possibilità di recupero. Non è una decisione facile, ma è quella che ti dà la massima chance di tornare a vivere senza limiti.
Quali sono i segnali che ti dicono che è ora di operarti?
- Non riesci più a fare bottoni, aprire barattoli, o tenere una penna.
- Inciampi spesso, anche su superfici piane.
- Cammini con i piedi che trascinano o ti senti instabile.
- Perdi sensibilità alle mani o hai formicolio persistente.
- Il tuo medico ha rilevato riflessi eccessivi alle ginocchia.
- L’RMN mostra compressione del midollo con segnali di danno.
- Il punteggio JOA è sotto 14.
Se hai due o più di questi segnali, non aspettare. Parla con un chirurgo specializzato. Il tempo è il tuo alleato più importante - o il tuo peggior nemico.